Le quotidien de gauche turinois "la Stampa" stupéfait par la décision de la RATP relative au concert des prêtres en faveur des chrétiens d'Orient
La “laicité” integralista
Di integralismo si può morire per le fucilate degli uomini del Califfo, ma si può morire anche per la stupidità di quelli che hanno fatto della laicità un nuovo integralismo e non una difesa da esso. È difficile definire diversamente da stupidità la scelta del metrò parigino di censurare l’annuncio di un concerto - al mitico Olympia, non in un teatrino qualunque - di un trio di sacerdoti cattolici.
Il manifesto originale recava questa scritta: «Au profit des chrétiens d’Orient». Noi avremmo detto: l’incasso sarà devoluto per aiutare le comunità cristiane d’Oriente. Che come sappiamo ormai da un quotidiano stillicidio di notizie da Siria e Iraq, ma anche Nigeria e altri luoghi d’Africa, vivono un nuovo, feroce martirio collettivo.
Ebbene il manifesto è stato affisso, il concerto è in programma il 14 giugno, ma è scomparsa la scritta con la destinazione dell’incasso. Un errore? Neanche per sogno. La «regie» pubblicitaria della Ratp, la società che gestisce la metropolitana, ha burocraticamente spiegato che «il metrò è uno spazio laico, dove non sono ammesse prese di posizione né politiche né religiose». Ed è una spiegazione incredibile. Sembra di essere capitati dentro l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq – il discusso «Soumission», uscito in libreria proprio il giorno della strage di Charlie Hebdo - a testimonianza del fatto che le sue fiction non sono per niente una «lezione inutile», semmai una profezia che si invera abbandonando il grottesco letterario: la «Sottomissione» è già una realtà. Laicità intesa non come l’affermazione di valori positivi e universali, ma come cedimento, autocensura. Detta in parole povere con la paura di offendere i musulmani. Ma quali musulmani? Quelli che massacrano i cristiani in giro per il mondo? Quelli che il 7 e 9 gennaio hanno ucciso dodici persone alla redazione di Charlie Hebdo e quattro clienti ebrei al supermercato kasher di Porte de Vincennes?
I preti cantanti sono tre sacerdoti diretti da un Monsignore, Jean-Michel di Falco Leandri, 74 anni, vescovo di Gap. Cinque anni fa ha fondato il gruppo ispirandosi al trio irlandese «The Priests» (un milione e mezzo di album venduti) e senza troppa fantasia ha battezzato i suoi «Les Prêtres». In realtà i preti sono due, Jean-Michel Bardet, 51 anni, e Charles Troesch 33; il terzo è un ex seminarista, il vietnamita Joseph Dinh Nguyen Nguyen 31 anni. Il primo album lo hanno realizzato nel 2010 e si intitola «Spiritus dei». Hanno un sito Internet (www.les-pretres.fr) e uno scopo, finanziare due progetti umanitari in Madagascar: l’associazione Akamasoa diretta da padre Pedro Opeka (uno sloveno-argentino di 67 anni, leggendaria figura di muratore-missionario) che assiste migliaia dei più poveri tra i poveri e la scuola di suor Odette dove imparano a leggere e scrivere mille e cinquecento ragazzi.
Non è la prima volta che «Les Prêtres» si esibiscono a Parigi. Era già successo nell’ottobre scorso al Palais des Congrès, e già allora, sempre in questo stolido bastione che è il metrò parigino, i censori della laicità avevano cancellato la croce sul petto di Monsignor di Falco che compariva in foto accanto ai suoi tre cantori. È più o meno la stessa foto che annuncia il concerto dell’Olympia, oggi regolarmente affissa nella stazioni del metrò e sulla quale mani anonime armate di bombolette spray hanno scritto quasi ovunque: «Et la laicité???».
Ecco, appunto, e la laicità? È la domanda che ha rivolto sotto forma di interrogazione al primo ministro Manuel Valls e al ministro degli Esteri Laurent Fabius il deputato radicale Joël Giraud, puntando anche sul fatto che proprio Fabius nel suo ultimo intervento all’Onu aveva detto che la Francia è «naturalmente» e «storicamente» dalla parte dei cristiani perseguitati. Al momento però nessuno degli interrogati ha risposto.
Dagli attentati di Charlie e all’Hypercasher e dalla grande manifestazione dell’11 gennaio, si vive a Parigi in un clima doppio. Da una parte la ripetizione a manetta del galateo repubblicano sull’uguaglianza, la tolleranza e la libertà di espressione; dall’altra un’esasperazione della domanda di sicurezza che si tradurrà in un «patriot act» alla francese (sempre negato dal governo) che si sta preparando e non avrà niente da invidiare a quello americano post 11 settembre.
In questa confusione la vera lezione di laicità è venuta da Monsignor di Falco: «In quanto cristiano – ha detto il vescovo al quotidiano cattolico La Croix – non mi ha disturbato vedere nei corridoi del metrò i manifesti di un fim intitolato “Qu’Allah benisse la France” (che Allah benedica la Francia). In nome della libertà di espressione si ha diritto di insultarci e noi in nome della laicità non abbiamo il diritto di esprimere le nostre convinzioni?».
Che dio benedica la Francia, per chi ci crede.
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